Comizi di Donne. La condizione femminile e l’approccio di Pasolini al Sociale
Opening 7 aprile 2022 ore 19.00
ON SACCË CCHIÙ PARLÀ – 10’
Paolo Montella e Giuseppe DI Taranto
“On saccë cchiù parlà” è un’espressione ricavata dall’originale di A. Rimbaud, “Je ne sais plus parler”, e tradotta nel dialetto di un piccolo paese della Basilicata, Terranova di Pollino. La scelta di questo titolo, nonché dell’uso di una lingua dialettale marginale rispetto ad altre lingue più robuste come il napoletano, è strutturalmente legata al lavoro compositivo svolto.
Pasolini si definiva politologo e sociologo “en poète”, ovvero dilettante, oltreché, almeno agli inizi, autore d’una poesia civile. Il friulano, per Pasolini, “era una lingua antichissima eppure del tutto vergine, dove parole comuni sapevano suggerire immagini originarie”. La lengua furlana, la lingua della madre, parlava direttamente il linguaggio della poesia con forza di archetipo. Questo è anche il senso dell’espressione usata da Rimbaud “io non so più parlare”. Una lingua ufficiale, si porta dietro un carico enorme, da non riuscire più a dire nulla. La lingua dialettale, invece, è scevra da questo peso e rimane, per così dire, non corrotta da una coscienza poetica che ne consuma il senso fino a portarla ad una crisi estrema. In tal senso, la lingua non usa metafore per parlare, è essa stessa la metafora per dire.
Quello che abbiamo raccolto in questo lavoro compositivo è proprio il distillato di questa scelta operata da Pasolini. In un rito psicomagico, siamo tornati dove quei versi sono stati detti, raccolti, intercettati, fermati su carta. Li abbiamo poi restituiti, nell’Italia di oggi, all’oralità, facendoli risuonare da chi adesso abita quegli stessi luoghi, gettando – a nostra volta – non solo il corpo, ma anche la lingua in quella lotta che è la realtà.
E jo i resti fòurta la nèif.Drenti Stièfinal governa li vacis,drenti Stièfinvif,drenti Stièfinal taja li cianistal soc,drenti Stièfincialt e strac,al taja li cianis,drenti Stièfin, vif,al pòin un zenoli tal fen! | E gghi’ rumòanghè daforë a sup’a nivë.Daindë Stefanëguvèarnadë i vacchë, daindë Stefanëvivë,daindë Stefanë tagliëd’i cannëa sup’u zëpponë, daindë Stefanë arrubbëcòatë e stracchë,tagliëd’i cannë,Daindë Stefanë, vivë, ngàsëdë nu chënucchiësup’u fìenë! | E je resto ‘a fora‘ncoppa ‘a neva.Dinto Stefanoguverna ‘e vacche,dinto Stefano vivo,dinto Stefano ‘ntacca ‘e canne‘ncoppa ‘o cippo,dinto Stefano ‘nfucato e strutto‘ntacca ‘e canne,dinto Stefano, vivo,‘ncasa ‘o denucchio ‘ncoppa ‘o fieno. |
SUPPLICA A MIA MADRE (fixed audio) –
Luca Fiorillo
…il grande amore di una mamma nei riguardi di un figlio che vive le contraddizioni sociali della sua “diversità”. Pasolini, 24 aprile 1962.
Testo narrato da Pier Paolo Pasolini in una composizione acousmatique per clarinetto di Sabrina Evangelista, piano e field recorded.
È difficile dire con parole di figlio
ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.
Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore,
ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore.
Per questo devo dirti ciò ch’è orrendo conoscere:
è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.
Sei insostituibile. Per questo è dannata
alla solitudine la vita che mi hai data.
E non voglio esser solo. Ho un’infinita fame
d’amore, dell’amore di corpi senza anima.
Perché l’anima è in te, sei tu, ma tu
sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:
ho passato l’infanzia schiavo di questo senso
alto, irrimediabile, di un impegno immenso.
Era l’unico modo per sentire la vita,
l’unica tinta, l’unica forma: ora è finita.
Sopravviviamo: ed è la confusione
di una vita rinata fuori dalla ragione.
Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.
Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile…
LAUGH TRACK (ho bisogno di aiuto per sapere quando ridere) –
Stefano Giampietro
L’uomo è un animale gregario e ha bisogno di sentirsi parte di un tutto, di condividere e ricevere conferma del proprio essere.
Le risate pre-registrate che sgorgano fragorose dalle televisioni di tutto il mondo comunicano allo spettatore seduto comodamente sul divano un’informazione fondamentale, sussurrandogli:”non sei solo”.
L’omologazione, tema caro a Pasolini, si compie al suono di sghignazzi che scandiscono un ritmo comico e accompagnano alla risata.
MEDEA – 10′
Andrea Laudante
Medea nasce in primo luogo dalla fascinazione per il sonoro dell’omonimo film di Pasolini per diventare poi uno studio sulla dualità, su ciò che rappresentano Medea e Giasone per il poeta e cineasta friulano. In questo lavoro convivono da un lato voci e suoni che rimandano ad un mondo arcaico religioso (Medea) e dall’altro un modo di agire e di pensare figlio di un mondo razionale e moderno, espresso in questo caso dall’uso dal mezzo tecnologico (Giasone).
Il materiale sonoro rappresentante il mondo arcaico è stato creato usando estratti del suono del film, ai quali sono stati affiancati registrazioni dei canti di Cecchinella, figura emblematica della tradizione popolare di Marcianise, comune di terra di lavoro.
La voce di Cecchinella dunque permette di reinterpretare la figura simbolica della Medea di Pasolini in un contesto geografico preciso che è quello della terra di lavoro.
Estratto dal poemetto “La terra di lavoro” di P.P.P (Le ceneri di Gramsci, Garzanti 1957)
E ti perdi allora in questa luce
che rade, con la pioggia, d’improvviso
zolle di salvia rossa, case sudice.
Ti perdi nel vecchio paradiso
che qui fuori sui crinali di lava
dà un celeste, benché umano, viso
all’orizzonte dove nella bava
grigia si perde Napoli, ai meridiani
temporali, che il sereno invadono,
uno sui monti del Lazio, già lontani,
l’altro su questa terra abbandonata
agli sporchi orti, ai pantani,
ai villaggi grandi come città.
Maria Teresa Annarumma
“Nuova Repubblica Napoletana” di Marco Messina è prodotta da “Opera Pia Purgatorio ad Arco O.N.L.U.S.
“Opera Pia Purgatorio ad Arco” O.N.L.U.S. ringrazia l’Ing. Prof. Alberto Gaetti per la generosa collaborazione.