Giovedì 2 novembre, presso il Complesso museale Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco, inaugura l’installazione Umanità senza nome. Capitolo 2, di Michele Dolz.
Secondo momento espositivo per questa ricerca dell’artista, il progetto site-specific è stato sviluppato per innestarsi in maniera “naturale” negli spazi sotterranei della chiesa del Purgatorio ad Arco. L’intenzione è quella di mettersi in dialogo con il rapporto di prossimità e confidenza che da secoli si è instaurato tra il popolo napoletano e lo spazio di commemorazione dei defunti nell’ipogeo della chiesa. Sin dall’antichità, infatti, il culto dei morti a Napoli ha implicato la cura e la preghiera verso le cosiddette “capuzzelle” oggi conservate proprio in questa chiesa, articolando una relazione estremamente intima e personale con le reliquie dei defunti.
Rifacendosi al filosofo tedesco Walter Benjamin, qui citato nel titolo del progetto, il lavoro si presenta come il recupero di una memoria visiva sottratta dall’oblio del tempo. Attraverso una ricerca capillare, l’artista spagnolo acquista e archivia ritratti fotografici di fine Ottocento e, lavorandoli attraverso diverse tecniche, rende ancora più visibile il passaggio del tempo che ci distanzia da questi volti. In questo specifico caso il lavoro è stato circoscritto all’ingrandimento di questi documenti su cotone ed alla traduzione del sentimento del tempo attraverso un lavoro sulle cromie e le forme.
Il culto delle anime del Purgatorio a Napoli è un’espressione di memoria collettiva che custodisce e preserva il ricordo delle anime dei defunti. Michele Dolz sembra esplorare il lato opposto di questa memoria, la sua assenza e lo scorrere del tempo che contribuisce a cancellarla. Un profondo contrasto, quindi, che divide i due contesti e contemporaneamente li accomuna nella profonda riflessione di quanto sia importante non dimenticare il passato, né a livello collettivo né individuale, per mantenere vive le radici culturali e creare un senso di continuità tra le generazioni.
( Vittoria Vaino)
Il progetto allestitivo, curato da Lucrezia Longobardi, presenta un impianto domestico che si innesta nella chiesa ipogea ricreando un dispositivo casalingo che lega la fruizione delle opere ad un atto performativo da parte del fruitore.
Dei cassettoni in legno, anch’essi ereditati dal primo Novecento e legati ai ricordi di case lontane nel tempo, conterranno i lavori su tela piegati e riposti all’interno dei vari cassetti, come fossero biancheria antica conservata per le nuove generazioni.
L’esposizione sarà corredata da un catalogo con testi di Gian Maria Tosatti, Lucrezia Longobardi, Giacinto Di Pietrantonio e Giuseppe Stampone.
Michele Dolz
Nato a Castellón (Spagna) nel 1954, vive in Italia dal 1976. Allievo del pittore spagnolo Salvador Pérez, ha tenuto mostre personali in Italia, Spagna, Irlanda, Londra e New York. Si dedica di preferenza alla pittura cercando di interpretare, attraverso temi classici con una personalissima espressività, i sentimenti profondi dell’animo umano. Ultimamente ha lavorato attraverso il mezzo fotografico a installazione sulla memoria degli antenati. È anche storico dell’arte e autore di numerosi libri.
Michele Dolz è un artista che va in profondità, scavando nei sentimenti umani. La memoria, o meglio l’assenza della memoria, è il tema di questa suggestiva installazione.
(Gian Maria Tosatti)